Aldo Pompermaier - attività politica e istituzionale | ||||||||
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Trento, 7 ottobre 2004 Vorrei soffermarmi sugli ultimi passaggi della vicenda Michelin, ovvero sulla cessione dell’area e sui programmi di sviluppo dell’azienda in Italia. La Michelin, con lettera in dirizzata al Comune di Trento nel 1997 manifestava l’interesse di cedere l’area al Comune (poi passata ad Iniziative Urbane) precisando che nelle loro intenzioni l’unico obiettivo era quello di attribuire il «giusto valore» all’area (su questo punto ci sarebbero tante cose da obiettare!) senza il benché minimo intento di natura speculativa» e concludeva, solo sette anni fa, che «la società, riconoscendo di aver operato con soddisfazione sul territorio da oltre 70 anni, intende fermamente continuare ad operarvi». A parere mio, l’azienda ha mentito ai responsabili comunali, perché non si spiega che sul «Sole 24 ore» del 2 ottobre scorso la società assicura: «continuiamo a puntare sull’Italia» e poi «chiudiamo Trento perché occupa soltanto 88 persone di altissima professionalità» (una contraddizione pazzesca). Non è possibile che su 6.200 dipendenti del gruppo che operano in Italia Michelin tagli 88 posti di lavoro proprio a Trento dopo aver portato a casa la bellezza di 50 miliardi dell’area di via Sanseverino. L’operazione cessione area sarebbe passata se sette anni fa avessero chiuso definitivamente lo stabilimento? Quale reazione si sarebbe scatenata, con quale forza contrattuale avrebbe preteso il cambio di destinazione urbanistica? Michelin ha indorato colpevolmente la pillola, alla faccia del suo stile di comportamento ed ha preso in giro non solo i propri dipendenti, ma anche gli amministratori comunali. Io mi sento offeso. La conclusione è che nel momento in cui si insediano aziende sul nostro territorio, pur con quelle attenzioni che si deve dare all’occupazione ed al giusto mix di attività che ogni comunità deve accogliere, occorre mettere dei paletti ben precisi in quanto, e parlo da imprenditore, l’apporto ed il contributo che lavoratori e azienda danno allo sviluppo della nostra società debbono essere considerati sullo stesso piano. Anzi, per evitare i fenomeni di delocalizzazione, che si manifestano qualche volta più che per reali necessità di essere competitivi da smania di aumentare i propri profitti, il mondo dei lavoratori, considerati come pedoni e ciclisti la parte «debole» debbono essere salvaguardati con una forma di accantonamento che vada oltre al Tfr. Mi si dirà che a queste condizioni gli imprenditori non investiranno a Trento e provincia. Sono sicuro che sindacati, lavoratori ed imprenditori troverebbero lo stimolo per avviare nuovi interessanti piani incentivanti come contropartita, sulla produzione, sulla presenza, sulla qualità, sulla formazione che compenserebbero quei bonus generazionali che contribuirebbero a dare più fiducia al mondo del lavoro, a creare anche nuovi stimoli all’interno delle nostre fabbriche, a far crescere il senso di appartenenza, a migliorare così la qualità della vita ed a creare nel contempo nelle aziende quel valore aggiunto che consenta all’imprenditore di continuare ad investire sul nostro territorio.
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ALDO |
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